Il prezzo di vendita all’asta dell’immobile pignorato può essere molto più basso del suo valore di mercato?
Purtroppo, finora la giurisprudenza di merito ha teso a tutelare più il creditore procedente che il debitore.
In effetti, il codice di procedura civile prevede una soglia del prezzo di vendita all’asta oltre la quale il giudice non potrebbe disporre la vendita. E’ previsto infatti che il giudice possa fissare un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il terzo tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà.
Si potrebbe pensare, pertanto, che, ove dovesse essere disposta una vendita per un prezzo inferiore a oltre la metà di quello stimato dal consulente della procedura esecutiva, si potrebbe chiedere l’estinzione della procedura, con conseguente annullamento dell’asta di aggiudicazione.
La giurisprudenza ritiene invece che, nell’esecuzione immobiliare, la legge non limita il numero delle vendite, ma attribuisce al giudice dell’esecuzione la facoltà, anche dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, di fissare ogni volta un prezzo base inferiore fino al limite di metà rispetto a quello precedente.
Ciò comporta che il giudice potrà fissare prezzi di base d’asta via via decrescenti con l’unico limite della soddisfazione delle spese esecutive per il creditore.
Pertanto, il prezzo d’asta può ridursi fino a quando il giudice, valutate le spese sostenute dal creditore, decida di bloccare la vendita perché non più di interesse pubblico.
Questo orientamento danneggia gravemente il patrimonio del debitore che si volatilizza senza potere estinguere il proprio debito.
Da parte dei debitori, si sostiene che, seguendo questo orientamento, si violerebbe anche l’articolo 164 bis delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie. Secondo tale disposizione, quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.
Ma, sempre secondo la giurisprudenza maggioritaria, il richiamo del debitore all’articolo citato non è pertinente. La disposizione tenderebbe, infatti, soltanto a tutelare le ragioni dei creditori nonché i costi della procedura esecutiva allo scopo di evitare che le procedure incardinate a seguito di pignoramento proseguano senza fine quando le stesse diventano inidonee a soddisfare i creditori e i costi dell’esecuzione.
Ora però il tribunale di Ragusa, circa due mesi fa, aveva sospeso una procedura esecutiva immobiliare, per eccessivo ribasso d’asta. E se quel provvedimento riscuoteva notevolissimo interesse, ancora di più ne riscuoterà l’ordinanza di estinzione del procedimento che lo stesso Giudice del Tribunale di Ragusa, ha emesso il 23 marzo scorso.
Il Giudice ha ritenuto che l’art.164 costituisce norma, posta a tutela dell’interesse pubblicistico alla ragionevole durata del processo, e di quello privatistico alla economicità della procedura. La norma, di fatto, impedisce la prosecuzione del processo laddove divenga irragionevole la pretesa del creditore in termini di estrema esiguità del recupero della stessa, esiguità da valutare sia in termini relativi (percentuale del credito soddisfatto rispetto a quello azionato) sia in termini assoluti.
Il provvedimento del Giudice, concludendo con l’ordine di chiusura del procedimento e la cancellazione del pignoramento immobiliare, è tanto più importante ed illuminato, se si considera che i creditori tutti si erano opposti alla estinzione della procedura.