A che età si possono svolgere valide attività giuridiche? La capacità di agire.
Tutti i soggetti, anche stranieri, che si trovano sul territorio dello Stato, sono titolari di diritti e di doveri, hanno cioè la capacità giuridica.
Non tutti però possono porre validamente in essere atti idonei a incidere sulle situazioni giuridiche di cui sono titolari, senza l’interposizione di altri soggetti di diritto, non tutti hanno cioè quella che si definisce la capacità di agire.
La capacità d’agire si acquista al compimento della maggiore età (18 anni) e può essere limitata o revocata in sede giurisdizionale (per esempio con una sentenza di inabilitazione, ovvero con una sentenza d’interdizione). La legge infatti presume che al compimento dei diciott’anni il soggetto abbia raggiunto la necessaria maturità psicofisica per esercitare autonomamente i diritti e adempiere gli obblighi senza turbare il corretto andamento ordinamentale.
Il possesso della capacità legale d’agire è requisito di validità degli atti negoziali (cosiddetta capacità negoziale), i quali sono annullabili se il soggetto che li ha posti in essere era sprovvisto di tale qualità nel momento in cui ha emesso la propria dichiarazione di volontà. Quindi gli atti negoziali stipulati dal soggetto capace d’agire, a prescindere dalla sua effettiva maturità psicofisica, sono validi, salvo il caso in cui questo si trovi in uno stato d’incapacità naturale o di fatto nel momento della manifestazione della volontà negoziale.
Per la validità degli atti giuridici in senso stretto o meri atti, non è necessaria la capacità d’agire, ma è necessario che il suo autore, nel momento in cui ha posto in essere l’atto, sia capace d’intendere e volere.
Si riconosce altresì anche all’incapace legale d’agire parziale autonomia nel campo degli atti non patrimoniali. Si ammette, infatti, che i soggetti in tutto o in parte incapaci d’agire possano esercitare direttamente i diritti strettamente legati alla persona e alle libertà fondamentali.
In materia di lavoro, ove delle leggi speciali stabiliscono un’età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro, il minore è ammesso anche a esercitare i «diritti e le azioni che dipendono dal contratto di lavoro».
Nel caso poi in cui il minore che abbia compiuto sedici anni sia autorizzato a contrarre matrimonio, il minorenne ottiene ipso iure l’emancipazione, consistente in un periodo intermedio di limitata capacità d’agire. L’emancipato è assistito dal curatore, ma, nel caso in cui il minore emancipato sia autorizzato dal tribunale all’esercizio di un’impresa commerciale, può compiere autonomamente atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e atti estranei all’esercizio dell’impresa, acquistando così piena capacità d’agire nell’ambito del diritto patrimoniale, eccettuata la capacità a donare e a far testamento.
Normalmente, i minori vengono assistiti dai genitori. Ma sono previsti anche gli istituti dell’amministrazione di sostegno, dell’interdizione e dell’inabilitazione al fine di rimediare alle più disparate ipotesi di deficienza psicofisica in cui può versare un soggetto. Con l’interdizione e l’inabilitazione si dà origine a situazioni giuridiche permanenti, seppur reversibili, connesse a patologie mentali, mentre l’amministrazione di sostegno è un istituto modulabile, volto a sopperire a transeunti periodi in cui il soggetto non possegga l’attitudine a provvedere ai propri interessi.
Si differenzia dai casi testé citati l’incapacità cosiddetta somatica legata a condizioni fisiche del soggetto. Ad esempio, l’analfabeta non potrebbe fare testamento segreto, poiché non sarebbe in grado di controllare il significato dell’altrui scrittura.
La capacità legale d’agire, essendo strettamente legata all’esistenza della persona fisica, si estingue per morte, la quale fa venire meno la personalità giuridica del soggetto.